Salute e Benessere

Il vaccino, l’operatrice scolastica e le contraddizioni della Regione

Il titolo può sembrare uno di quelli che piacciono tanto a Lina Wertmüller, invece si tratta della storia senza lieto fine di Germana C. e della sua illusione di potersi sottoporre a vaccinazione.

La denuncia arriva proprio dalla protagonista della vicenda, un’operatrice di mensa universitaria della capitale.

L’inizio

Dal giorno 18 febbraio scorso, nella Regione Lazio è consentito effettuare il Vaccino Sars-Covid-19 per il personale docente e non docente, in forza alle scuole e alle università.
Germana scrive che la mattina stessa ha chiamato il numero di telefono indicato per sincerarsi di rientrare nella categoria dei “vaccinabili”.
Racconta che: “La gentilissima operatrice che risponde al call center, conferma che riguarda personale docente e non docente senza ulteriori specifiche. Poi incalzata dai miei dubbi e dopo averle detto che il mio contratto a tempo indeterminato non è diretto con l’Università e/o con la Regione Lazio, mi mette in attesa, per chiedere ad un suo superiore. Torna e  mi conferma che se il mio codice fiscale risulta nella lista. Ne ho diritto!”.

è fatta!

L’addetta alla mensa è dunque a questo punto certa che lei ed i suoi colleghi hanno diritto ad essere sottoposti a vaccinazione.

Nel corso della telefonata, spiega Germana, non conferma la prenotazione, poiché vuole prima sincerarsi col suo medico di base che la sua patologia non costituisca problemi di tolleranza al vaccino.
Ottenute le rassicurazioni dal medico, nel pomeriggio ricontatta il call center, segue la procedura, risponde alle domande dell’operatore ( il luogo di lavoro: la mensa universitaria), l’esatto indirizzo del luogo di lavoro e alla specifica domanda dell’operatore, risponde di non lavorare per una cooperativa.
Finita la serie di domande di rito, ottiene la prenotazione per il 5 marzo presso il Drive In di via dell’Archiginnasio a Tor Vergata, e la seconda dose per il 22 maggio 2021.

lo conferma anche la ditta

Passa qualche giorno e Germana ed i suoi colleghi ricevono una lettera dall’azienda che comunica ufficialmente che possono vaccinarsi.

Non resta che aspettare, ormai la parte burocratica è alle spalle. Germana pensa che in regione Lazio le cose funzionano alla grande, il presidente Zingaretti non ha raccontato balle in tv spiegando che le operazioni di vaccinazione procedono perfettamente e senza intoppi.

Avvisaglie della delusione imminente

Passano i giorni ed i colleghi di questa operatrice di mensa così entusiasta, iniziano a raccontare che questa possibilità è stata negata perché gli operatori del call center li hanno informati che la regione Lazio ha effettuato una rettifica e i lavoratori pagati da ditte esterne non rientrano negli aventi diritto!

A questo punto Germana scrive: “Avendo paura di una eventuale denuncia penale e soprattutto di rubare una dose di vaccino a chi ne ha più diritto di me, chiamo il numero dedicato e avuta la conferma dall’operatore sulla rettifica della Regione Lazio, disdico l’appuntamento….”.

Germana vuole capire

Aggiunge poi di aver cercato la “rettifica” nel sito della Regione, ma di non averne trovato traccia. Così decide di inviare una pec all’indirizzo di posta elettronica: salute@regione.lazio.legalmail.it, nonché alla relazione con il pubblico di DiscoLazio urp@pec.laziodisco.it. Lo scopo delle mail è “per sincerarmi che essendo una dipendente di una ditta appaltatrice non potrò per ora proteggermi dal Covid19”, precisa Germana.

Ad oggi nessuno dei destinatari delle mail ha prodotto risposta, e lei, l’operatrice di mensa illusa, ha quindi deciso di rendere pubblica la vicenda denunciandone i contorni e le contraddizioni.

il contrattacco

Nel testo scrive: “Visto che sono ormai passati diversi giorni dai fatti descritti, ho deciso di denunciare questo accadimento almeno per ottenere risposte…”.

“Premetto che io ed i miei colleghi puliamo, cuciniamo e serviamo pasti per circa 600 studenti. Nella sala dove mangiano, puliamo in tempo reale tavolo, vetro separatore e sedie come si alzano e vanno via. Per fare questo passiamo tra persone che sono ovviamente senza mascherina perché stanno mangiando.
Non mi sento in pericolo più del personale medico o delle forze dell’ordine o di altre categorie a stretto contatto con il pubblico. Essere però trattata da lavoratrice di serie B solo per il tipo di contratto di lavoro, mi sembra assurdo.

Richiesta lecita

Vorrei che qualcuno ci mettesse la faccia e rispondesse sul perché io non ho diritto di proteggermi dal Covid come un altro dipendente scolastico o universitario che magari è addirittura in smartworking.
La mia rabbia aumenta quando ci si fa belli di fronte ad altre regioni affermando che nel Lazio siamo al top in fatto di vaccini. Invece, come al solito, nel nostro Paese ci sono sempre due pesi e due misure.

amara conclusione

Secondo il racconto di questa lavoratrice, la discriminante per accedere alla inoculazione del vaccino a questo punto sembrerebbe essere la dipendenza lavorativa. Certamente ci saranno delle valide ragioni se qualcuno ha disposto queste regole e queste rettifiche. Al momento francamente non se ne coglie l’opportunità. La domanda che scaturisce da questa vicenda è quale sia la logica nel proteggere alcuni lavoratori e lasciarne fuori altri, pagati da gestori diversi, ma comunque esposti.

Redazione

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