L’euforia della riapertura subisce un attacco (motivato) da un gruppo di personalità che si dicono cauti verso questa possibilità.
Un appello inviato al governo e al Quirinale inviato da un gruppo di intellettuali, esprime forti perplessità verso una politica del “liberi tutti”.
L’appello promosso dal professor Francesco Domenico Capizzi e dallo storico Adriano Prosperi è sottoscritto da una cinquantina di docenti, accademici, scienziati e artisti. Tra gli altri: il filologo Alfredo Stussi, la scrittrice Giancarla Codrignani e Roberto Barzanti ex vice presidente Parlamento Europeo, Giovanni Falaschi professore di letteratura italiana all’università di Perugia e scrittore.
“Allo stato attuale dei numeri di decessi, ricoverati in condizioni di emergenza e portatori sani del virus, l’ipotesi che di qui a pochi giorni si possa decretare il liberi tutti, appare insensata”. Questo è l’inizio del testo dell’appello che esprime giudizio critico sull’opportunità di passare ad una fase di riapertura con gli attuali numeri riferiti alla pandemia.
I sottoscrittori dell’appello illustrano la possibilità che “le riaperture” rischiano di “farci ripiombare in una situazione di tipo brasiliano”. Nel testo i sottoscrittori evidenziano la “capacità del virus di modificarsi con varianti invadenti e micidiali specialmente nel contesto delle vaccinazioni coi relativi affollamenti”.
L’appello al presidente della Repubblica e al premier continua: “Pur rispettando il dramma di tanti lavoratori dobbiamo ricordare quanto accaduto meno di un anno fa”.
“Nell’estate del 2020 – ricorda la lettera – la riapertura indiscriminata di discoteche e locali pubblici annullò di colpo i risultati positivi raggiunti grazie alla spontanea adesione di singoli e istituzioni alle regole severe del distanziamento e del lockdown”.
“Davanti all’euforia collettiva che si è diffusa, e che ha travolto le cautele contenute nella promessa di apertura del Presidente Draghi, sentiamo il dovere di sottolineare dati di realtà che rischiano, se ignorati, di riportarci alla ripresa dell’epidemia”.
Il testo conclude dicendo: “Va tenuto conto che non si muore solo di Covid-19. In una fase in cui gli ospedali sono impegnati nell’emergenza virus, altre malattie e interventi urgenti e malattie gravi sono rimandati con risultati facilmente immaginabili”.
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