David Sassoli, il presidente del Parlamento europeo, apre la riunione del Consiglio e iniziano subito le critiche al Leader Viktor Orban sulla legge anti-gay.
Il premier ungherese si alza prendendo la parola e rigetta le accuse: “Tutto quello che ho ascoltato non è vero. Non abbiamo leggi omofobe. La nostra realtà è ben diversa”.
Sassoli incalza e dice al premier Orban: “Mi risulta che abbiate approvato una misura legislativa criticata da tutte le istituzioni europee, altro che non vero”.
La questione è preminente rispetto all’ordine del giorno. Non si tratta più solo di schermaglie, ma di eventuale procedura d’infrazione con relative sanzioni economiche. Il parlamento addirittura chiede la sospensione dei finanziamenti del Recovery fund.
Vai fuori dall’Europa
Il premier olandese Rutte va giù duro, riprende il discorso e invoca l’espulsione di Budapest dall’Ue. “Per chi promuove quelle leggi non c’è spazio nell’Unione. Fai come la Gran Bretagna, utilizza l’articolo 50 del Trattato”, dice ad Orban.
In 16 lo avevano ammonito
Scende in campo tutta la Ue contro le misure lgbt magiare. Ben 16 leader dei Paesi europei avevano firmato una lettera inviata al premier ungherese il giorno prima della riunione. Un testo duro nel quale avvertono: “Continueremo a combattere la discriminazione nei confronti della comunità Lgbtq, riaffermando la nostra difesa dei loro diritti fondamentali. Il rispetto e la tolleranza sono al centro del progetto europeo”.
La Commissione accusa: violazione dei Diritti fondamentali
La Commissione Ue, nel pomeriggio aveva inviato una nota al governo ungherese. L’ammonizione dei commissari Reynders e Breton ad una legge in chiara violazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Europa. I commissari spiegano che si utilizza “un metodo discriminatorio contro le persone in base al loro sesso e orientamento sessuale”. Precisano inoltre che l’articolo 21 della Carta dei diritti vieta espressamente “qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso, la razza, il colore della pelle o le tendenze sessuali”.
Nel testo c’è la richiesta di chiarimento, oppure l’invito a ritirare la legge. I commissari minacciano che in caso contrario partirà una procedura d’infrazione.
Orban resta fermo nella sua posizione
Il leader magiaro affronta tutti senza passi indietro: “Noi non ritiriamo quella legge. E non ce ne andremo dall’Ue, vogliamo salvarla dagli ipocriti”, dichiara Viktor Orban. Non si mostra preoccupato del parere della Ue contro le sue misure lgbt, tanto da dare degli ipocriti a quanti lo accusano.
Una chiosa del leader del Lussemburgo
Bettel, il premier lussemburghese è intransigente sulla linea critica alla legge ungherese. Il primo ministro del Lussemburgo, Xavier Bettel, non ha mai nascosto la propria omosessualità e dichiara: “Accettare di essere gay è stata la cosa più difficile della mia vita. Sentire che forse è perché ho guardato qualcosa in tv quando ero giovane è inaccettabile. Sarebbe come mescolare la pedofilia, con la pornografia e l’omosessualità”.
Il “muro contro muro” tra Orban e l’Ue è ancora tutto da vedere, anche se ormai sono tracciate le linee e le posizioni. L’ungherese tiene il punto e non vuol mostrarsi debole al Paese, ma l’Unione non può tacere ad una evidente contravvenzione ai valori ispiratori della Ue stessa. Se le cose fossero lasciate così come sono, ci troveremmo di fronte ad una Europa che non solo non possegga la capacità di aggregazione ma anche che può venire semplicemente bypassata.