Una mamma e suo figlio vittime della disperazione dopo aver perso casa e lavoro non hanno trovato di meglio che vivere nella loro auto in una piazzola di parcheggio di una stazione di servizio sull’autostrada A1, nei pressi di Fabro. Uno spaccato di un’Italia che viaggia davvero a due marce, una realtà che non ci piace ammettere e che ci rende un po’ meno emancipati. Fare i conti con la povertà ridimensiona il progetto di società, costringe a prendere atto dell’imperfezione di questa umanità capace solo a parole di provvedere a sé stessa.
La famigliola che ha eletto domicilio sull’A1 nel monolocale vista traffico, è originaria del sud-Italia. Sono stati identificati dalla Polizia stradale di Orvieto che ha risposto alle segnalazioni di alcuni automobilisti. La donna ha 50 anni e suo figlio 25, sono residenti da diversi anni al nord, ma sono di origine meridionale. Al momento del contatto con la Polizia hanno raccontato che era una settimana che vivevano in quell’utilitaria, lavandosi all’autogrill e per dormire reclinavano i sedili dell’auto.
La solita storia
Una storia come tante, come tutte quelle che raccontano di senzatetto, di disperati senza lavoro, di povertà… Chi sceglie di essere povero? Chi sceglie di essere disoccupato, di perdere tutto, di vivere ai margini? Una storia che forse non vale nemmeno la pena di raccontare, l’ennesimo racconto di qualcuno che vive un disagio. Quasi una seccatura, abbiamo tante cose da pensare, c’è la partita in tivù, la macchina da portare a lavare, dobbiamo organizzare le vacanze… In fondo non sono mica fatti nostri se qualcuno se la passa male, no? Magari se la sarà cercata, e comunque ci deve pensare il governo…
E invece è esattamente questo il cancro della società, il disinteresse, l’egoismo, la paura di mettersi in gioco. Molto più comodo fare spallucce e pensare che non sono fatti nostri. Ma intanto qualcuno soffre, sta male, vive l’umiliazione e la vergogna di essere povero!
Perché scegliere una piazzola sull’autostrada
Gli agenti che hanno identificato i due senzatetto hanno compreso immediatamente la situazione. Dopo le prime domande sulle generalità e sul motivo per il quale fossero lì, hanno capito che erano al cospetto di una situazione drammatica. La donna ha detto ai poliziotti che aveva scelto quel luogo perché quand’era bambina frequentava con suo padre, Città della Pieve, un comune prossimo a Fabro. Ha spiegato che qui si sentiva un po’ come a casa, aggiungendo che quei luoghi le davano in qualche modo “sostegno e conforto per affrontare la loro sofferenza”. Insomma un “posto” dove sentirsi almeno idealmente meno soli.
Aiuti immediati
Gli agenti hanno deciso di acquistare loro stessi dei generi di prima necessità per quella mamma e per suo figlio. Le hanno consegnato pasta, latte, legumi, biscotti e quant’altro è stato possibile lasciare ai due, almeno per un pasto decente.
Come si evolverà la vicenda, cosa accadrà nelle prossime ore, ha spiegato il comandante, è tutto da vedere. Si è anche detto disponibile a vedere in giro se qualcuno fosse disposto ad assumere la donna oppure suo figlio. “È chiaro che bisognerà capire se le loro intenzioni sono di ritornare al Nord, o di restare da queste parti”, ha inoltre precisato.
Comunque andranno le cose si arriverà ad una soluzione per questa famiglia che, per fortuna, ha incontrato sulla propria strada questi agenti della Polizia stradale e il loro comandante. Si può assolvere al proprio lavoro con distacco, semplicemente svolgendo i compiti per i quali si è comandati, oppure si può farlo in maniera umana, facendosi carico dei problemi altrui. Quando questo succede è sempre un bel segnale, un mattoncino in più che si aggiunge alla costruzione di una società più giusta, più sensibile.
Sarebbe interessante conoscere le cause della perdita del lavoro e della casa da parte di alcuni. Ma forse è ancora più interessante trovare il modo perché questo non accada, oppure risolvere il problema il prima possibile. Questo sarebbe davvero interessante, dovremmo pensarci!