L’imprenditore voleva assumere il bracciante, ma così gli avrebbe fatto perdere il Rdc, quindi l’operaio lo ha picchiato perché voleva continuare a lavorare in nero. E’ uno dei 77 “furbetti” del sussidio scoperti e denunciati dai carabinieri di Agrigento. L’uomo adesso è indagato, oltre che per truffa, anche per lesioni personali.
Questo è più o meno come alcuni giornali hanno riportato i fatti. Una vicenda brutta, violenta, messa in atto da un operaio prepotente, disonesto, contro un brav’uomo che invece voleva metterlo addirittura in regola.
Inutile girarci intorno, c’è la fila a parlar male del Rdc e come c’è uno spunto si va giù a testa bassa e si allude e si ammicca su quanto sia dannoso e deleterio per il mondo del lavoro questo benedetto Reddito di cittadinanza.
Alcune domande però, anche volendo tenere il prosciutto sugli occhi, viene da farsele… Perché mai questo Bracciante rifiuta il lavoro sicuro e in regola che gli offre l’imprenditore preferendo il Rdc che non è certo dignitoso né corposo? Proviamo a fare delle ipotesi: la media delle erogazioni del Rdc si attesta sui 400/500 euro/mese. Un lavoro stabile dovrebbe permette un guadagno di almeno 900/1300 euro/mese. Inoltre, perché mai un uomo dovrebbe arrivare a picchiare qualcuno, quando basterebbe dire: non mi interessa?
Ancora una considerazione, e siamo sempre nel campo delle ipotesi: mettiamo che il lavoro in regola fosse sottopagato e offrisse poco più del Rdc, questo non basterebbe a scaldare gli animi?
Un’ultima, davvero ultima considerazione, se si rifiutasse il lavoro e si venisse appellati come dei parassiti, dei fannulloni, degli approfittatori, degli scansafatiche… Quanti non finirebbero col venire alle mani?
Naturalmente sono ipotesi, nulla ci impedisce di pensare che l’operaio, un cittadino rumeno, sia davvero un poco di buono e che il datore di lavoro sia una persona squisita dalla specchiata moralità. Tutto è da vedere e sarebbe giusto sentire le due campane.
Su alcuni giornali si legge che il datore di lavoro lo scorso mese convoca l’operaio e gli propone un contratto di un anno, una volta esaurito il periodo di prova, nell’azienda agricola di Naro (Agrigento). Poi sempre come spiegano i giornali (saltando evidentemente i particolari), nasce una discussione che sfocia in un modo violento. Il romeno perde la testa e volano insulti e pugni, tanto che l’imprenditore lo denuncia.
Manca davvero il nocciolo della discussione! Come sono arrivati alle vie di fatto questi due signori? Cosa è successo e cosa si sono detti? Possibile che a nessuno sia venuta la voglia di raccontarlo?
Comunque indipendentemente dalla vicenda, gli organi di stampa spiegano che il bracciante ha anche falsificato l’autocertificazione presentata all’Inps per ottenere il reddito di cittadinanza.
E anche questo punto sembra evidente: E’ chiaro che se l’uomo stesse lavorando in nero non poteva che affermare il falso e dichiararsi disoccupato!
Non possiamo stabilire l’esatta dinamica dei fatti, e compete alla Procura far luce su eventuali colpe e fatti dolosi. Compete all’Inps attivare il recupero eventuale delle somme percepite indebitamente. Infine compete alla Magistratura contestare eventuali reati.
Appare addirittura un inutile esercizio provare a navigare controcorrente alla ricerca di verità alternative. E’ molto più semplice puntare il dito contro il rumeno di turno, reo di aver cercato di approfittare della legge e dimenticare certe cattive abitudini che si racchiudono nella parola “caporalato“. Già perché esistono vari gradi di caporalato e tante sfumature di sfruttamento del lavoro. Anche se, lo diciamo a scanso di equivoci, non è di sicuro in questa vicenda che trovano applicazione queste pratiche. Abbiamo tuttavia imparato che la verità non è mai assoluta e soprattutto non è mai completamente quella che leggiamo su alcuni giornali.
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