Cronaca

La protesta corre sul social, crescono gruppi contro il Green pass

Volendo perderci tempo si trova di tutto sui social e a volte anche gruppi dal discutibile contenuto intellettuale. Non vuol essere una critica fine a se stessa e nemmeno una presa di posizione, ma sostenere pubblicamente un pensiero presuppone che alla base ci sia un ragionamento concreto, una motivazione valida.

Il green pass e tutti vogliono dire la loro

In questo periodo è all’attenzione dell’opinione pubblica la questione del Green pass. Evitando di ridurne i “valori” a ragioni meramente politiche, è interessante valutarne le pubblicazioni di utenti che volontariamente scrivono il proprio pensiero. Scrivere nero su bianco ciò che si pensa equivale ad offrire un dibattito aperto capace di coinvolgere favorevoli e contrari.

Una violazione alla privacy?

Ci sono alcuni cittadini che “leggono” nel Certificato verde, una sorta di controllo a chissà quali dati personali, e vedono l’obbligatorietà dello stesso, come una limitazione alla propria libertà. Sono proprio quelli che si riuniscono nei gruppi social dove danno sfogo alle proprie rimostranze pubblicando post e facendo commenti che dovrebbero produrre l’effetto di far proselitismo.

In quest’esempio si legge che pur di aver salva la pelle, qualcuno è disposto a fare delle rinunce. C’è poi una profusione di sedicenti gestori di locali vari che affermerebbero che contravverranno alle disposizioni di legge e non chiederanno a nessun cliente il Green pass. Naturalmente questo è tutto da verificare e a parte qualche episodio di rivolta solitaria, a come è dato sapere tutti si sono uniformati alla normativa.

Ma non siamo esposti già ai rischi presunti?

Nei gruppi dei contrari al Certificato, sono la maggioranza i clienti dei locali sottoposti a regime di controllo. Questi utenti denunciano che si sentono defraudati del loro diritto alla privacy. Non è chiarissimo cosa dovrebbe ledere, in ambito di riservatezza, l’esibizione di un certificato vaccinale. Per fare degli esempi concreti: se ci troviamo a prelevare denaro ad un bancomat, non lasciamo forse una traccia della nostra presenza in quel luogo? Stessa cosa se acquistiamo un pacchetto di sigarette in un distributore automatico, nel quale dovremmo far “passare” la nostra tessera sanitaria. Ma questo vale per qualsiasi acquisto pagato con la carta, quindi anche il conto del ristorante al quale però ci rifiutiamo di esibire il Green pass…

Ci sono un’infinità di esempi nelle nostre attività quotidiane dove ci troviamo a lasciare tracce della nostra presenza, anche semplicemente il navigatore satellitare o il nostro smartphone, sono in grado di indicare la nostra posizione.
Pubblichiamo foto e riferimenti del nostro quotidiano sui social network, corredandoli con commenti e precisazioni che vanno ben oltre i dati che possono essere “carpiti” attraverso il Green pass.
Allora a cosa è dovuto tutto questo timore, visto che nei gruppi viene specificato a chiare lettere che non si tratta di proteste contro il vaccino, e che, “loro sono dei no vax”?

La guerra contro chi?

Ma c’è di peggio, alcuni gruppi portano avanti la loro battaglia scagliandosi contro quei locali, ristoranti per lo più, che si attengono alla regola. Li colpiscono con false recensioni negative. L’obiettivo è evidentemente cercare di dissuadere la clientela dal frequentare quel ristorante, dove si mangia malissimo e il servizio è pessimo. Ma viene da pensare che questi gruppi siano soltanto animati da disfattismo, che facciano teppismo mediatico, perché giacché tutti i locali sottoposti alla normativa si adeguano, con quale logica si sceglie di colpire qualcuno?

Nel caso di questo post dalla sintassi discutibile, si evince la volontà di raccogliere una lista di attività che fanno richiesta del Certificato verde, affinché si possano boicottare…

Non citeremo nessuno di questi gruppi, per ovvie ragioni, anche se è facile trovarne in rete semplicemente digitando: Green pass.

Nemmeno riteniamo giusto schierarci pro o contro nessuno, a noi spetta solo riportare la cronaca e al massimo, ci permettiamo di criticare i modi coi quali vengono sostenute alcune idee.
E’ giusto però schierarsi contro chi se la prende con chi lavora, con chi si alza al mattino per guadagnarsi la giornata e magari non è felice manco lui di dover sottostare a queste regole.
Abbiamo letto tante volte parole critiche contro manifestanti violenti che spaccano vetrine o incendiano automobili di chi non c’entra niente, e li abbiamo additati come teppisti.

Anche in questo caso il giudizio non può differire dalla logica della difesa dei lavoratori.
L’esercizio della libertà ha un solo limite: l’invasione dell’altrui territorio. E’ bene tenerlo a mente prima di degenerare.

Redazione

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