Periodicamente, quasi fosse un rito misterioso, torna a galla e rimbalza sui social la questione dello “spionaggio fiscale” perpetrato con mezzi tecnologici. Gli evasori sono scovati dai governi anche per mezzo di Google Maps, è questo quanto affermano i sostenitori di queste teorie a metà strada tra possibilismo tecnologico e complottismo. Vediamo di capire meglio come stanno le cose e diamo corpo a quelle teorie che invece sono concrete realtà.
Le fonti aperte, cioè tutti quei programmi che di solito sono gratuiti e consentono l’apporto continuo di modificazioni e migliorie da chiunque, sarebbero il cuore di questo arcano di difficile risoluzione. I programmi Open source, sono per definizione aperti alla manipolazione di chiunque. Presterebbero quindi il fianco facilmente a chi fosse in grado di gestirli per ricavarne elementi utili alle indagini e agli accertamenti. (Ad esempio sulla condizione reddituale).
Fantascienza? No, realtà, perché da anni diversi Paesi riconoscono di ricorrere a queste fonti aperte per il reperimento delle informazioni del profilo fiscale dei cittadini presunti evasori fiscali, anche per mezzo di Google Maps.
I più integralisti della privacy definiscono come una forzatura, un’ingiustizia, un abuso, questa attività, e giudicano i governi disonesti perché si appropriano di informazioni private per i loro scopi. La realtà però è ben diversa, perché ogni contribuente ha l’obbligo di versare il dovuto in tasse, piuttosto che cercare modi per evadere il fisco e derubare il governo e la collettività.
La stima del danno dell’evasione fiscale si muove su cifre da capogiro, l’effetto deleterio dell’evasione fiscale non ricade solo sul singolo (meno sono a pagare e più pagano gli altri), ma si ripercuote sui Mercati ingenerando iniquità e alterazioni.
Tanto per intenderci, non provoca probabilmente danni irreparabili all’economia del Paese il manovale che viene chiamato per un lavoretto in nero di tre ore e riceve un compenso di 30 euro. Il manovale e chi lo incarica, sono evasori comunque, seppure di somme irrisorie. Il grosso della fetta dell’evasione fiscale attiene in special modo però alle aziende o a chi si serve di mano d’opera pagata in nero, a chi acquista sottobanco, a chi trova il modo per aggirare le tasse. La lotta con ogni mezzo in questo caso deve essere invece sostenuta, piuttosto che avversata dai cittadini contribuenti.
Davvero ci sono così tanti evasori al punto che un Paese ne subisca l’effetto economico negativo? La risposta è probabilmente si, basti pensare alle cronache dei giornali ed agli scandali che ogni tanto colpiscono personaggi noti o imprenditori di successo. Un malcostume diffuso che danneggia chiunque. Gli unici al di sopra di ogni sospetto sono (purtroppo per loro) i lavoratori dipendenti, ai quali la tassazione viene applicata alla fonte. Anche la mancata emissione della fattura del meccanico o del dentista, contribuiscono a invalidare gli sforzi dei governi per il raggiungimento dell’equità fiscale.
La medicina efficace per il contrasto all’evasione (e all’erosione) fiscale, secondo l’Agenzia delle Entrate è il pieno coordinamento dei soggetti istituzionali. Va perfezionato ed ampliato il costante scambio di dati tra Guardia di Finanza, Dogane e Monopoli, Inps, Inail, Siae, enti territoriali. Queste attività connesse permetterebbero un più fluido controllo e verifica sulla veridicità di quanto dichiarato in seno al fisco. Non solo, sarebbe anche più facile la prevenzione delle potenzialità di attività a rischio evasione.
Il nostro sistema di accertamento fiscale, dal 2016 fa riferimento alle Open source per la prevenzione e per l’accertamento fiscale. La GdF e l’AE ad esempio sfruttano siti web, social network, o semplicemente articoli di giornali per ottenere informazioni. Ecco perché diventano importanti in questa fase quei programmi come Google Maps o Earth.
Ma perché Google Maps può essere utile all’eventuale accertamento fiscale? Poniamo il caso che un contribuente dichiari un imponibile esiguo che gli permetta giusto di pagare la spesa e le bollette, ma poi sulla Mappa si scopre che vive in una villa con piscina e che fuori ha parcheggiata un’auto costosa. Beh l’equazione sarebbe ovvia, quel contribuente non sta denunciando il vero.
L’Agenzia delle Entrate non fa certo mistero di ricorrere a tutti i mezzi possibili, ivi inclusi quelli che pervengono dalle autorità fiscali estere e quelli delle fonti aperte, e lo afferma con la circolare n.16/E/2016.
Non è certo ipotizzabile che ci sia una squadra di operatori che passino la loro giornata a perlustrare Google Maps alla ricerca di auto di lusso nelle strade. La ricerca, o meglio l’individuazione di elementi che siano inequivocabilmente indice di ricchezza, avvengono grazie a particolari algoritmi in grado di localizzare proprietà di lusso, come ad esempio piscine, campi da tennis, ville private e altro. Questi elementi acquisiti dai satelliti sono poi confrontati con quanto dichiarato dai proprietari.
Occorre domandarsi se tutto ciò non sia in contrasto con la legge. Diversi Paesi usano questa tecnologia, in Francia la misura speciale antievasione è stata inserita nella Legge di Bilancio 2020.
Il Consiglio Costituzionale ha accertato che non esiste incompatibilità coi diritti dei cittadini e non ci sono violazioni della privacy. Ha così dato il proprio placet all’operazione consentendo la verifica anche sui social network. Quindi adesso prima di fotografare e postare il nuovo sistema televisivo comprato al modesto costo di 10.000 euro, sarà bene pensare a quanto si è dichiarato. Lasciando da parte la vena scherzosa di quanto appena detto, si deve considerare che cittadini beneficiari di pensioni o sostegni vari, che denunciano una condizione di semi-povertà, sono continuamente “beccati” come possessori di beni di lusso.
Dal 1° gennaio 2020 e sperimentalmente per 3 anni il Fisco d’Oltralpe ricorre a questi algoritmi.
L’Unione europea ha stanziato un fondo per la promozione di questo sistema informatico.
Da stime del Regno Unito risulterebbero danni dall’evasione fiscale pari a circa 14 milioni di dollari all’anno. Così il governo britannico ha deciso di utilizzare Google Earth per identificare eccessi di spesa da coloro che sono in debito col fisco.
In Grecia si è ricorsi a questi strumenti nel 2010, qualche tempo dopo il grande collasso economico che ha investito il Paese. Google Earth è utilizzato con discreto successo per l’identificazione di proprietà non dichiarate. In particolar modo è stato significativo per le piscine che i greci si erano rifiutati di dichiarare nelle tasse. Circa 16.000 cittadini non registrati sono stati scoperti.
Non è questa la sede per disquisire sulla moralità eventuale di questo sistema, ma certamente se si vuole perseguire una fiscalità equa, si deve fare in modo che ognuno paghi il giusto. Solo così potremmo auspicare ad una flessione delle tasse e ad una maggiore conservazione della ricchezza individuale. Non ha senso guadagnare 100 e disporre di 50 perché il resto se l’è “mangiato” il fisco, e quando questo è in parte a causa di “qualcuno più furbo“, la cosa fa indignare ancora di più.
Alev Casino Giris İslemleri: Basit ve Hızlı Adımlar