Problemi che il sindaco, Stefano Cacciotti ha provato a risolvere, beccandosi insulti indicibili e minacce di morte per sè e la sua famiglia. Quale la colpa? Aver detto basta a una situazione di degrado e pericolo. Aver usato il pugno di ferro e il coraggio per combattere l’allevamento selvaggio.
Nel comune di Carpineto Romano infatti, era in uso la pratica di lasciare allo stato brado bovini “inselvatichiti”. Ovvero privi del cartellino identificativo, liberi di scorrazzare per le strade con pericolo o disagio per i cittadini e gli automobilisti. Il bestiame inoltre causava danni di vario genere, tra cui il rilascio di deiezioni nelle piazze o nelle strade.
Il sindaco, armandosi di coraggio, sapendo a cosa sarebbe andato incontro, ha disposto la cattura di 77 esemplari. Animali che poi ha di fatto venduto, rimpinguando le casse comunali. Questo però non è andato giù ai soliti “animalati”, ovvero animalisti estremisti, che hanno vomitato insulti e minacce sulla pagina Facebook del sindaco. Minacce e auguri di morte gravi, che hanno avuto anche indirizzo ai figli di Cacciotti.
“È almeno un anno che mastico amaro leggendo insulti di ogni tipo da parte di semisconosciuti quando si parla del problema dei bovini inselvatichiti. Ho sempre soprasseduto sposando in pieno il vecchio adagio secondo cui l’ignoranza si mortifica col silenzio e convinto di dover rendere conto delle mie azioni solo ed esclusivamente ai cittadini di Carpineto. Ha proseguito Cacciotti indignato. Che, al contrario, alle nostre azioni di contrasto hanno sempre risposto manifestando apprezzamento e vicinanza.
C’è un limite oltre il quale però diventa necessario mettere un freno ed è quando la maleducazione, a cui mio malgrado ero abituato, sfocia in violenza verbale, proprio come avvenuto negli ultimi due giorni. Diverse “ronde social”, infatti, hanno pensato di scatenare la propria frustrazione verso il sottoscritto.Oltre 1000 insulti da parte degli animalisti. Rivolgendomi circa 1.000 (mille!) tra insulti e ingiurie con commenti e messaggi privati.
Così, dopo un confronto con il mio avvocato e le forze dell’ordine, ho deciso di presentare questa mattina una denuncia per diffamazione alla Polizia Postale di Roma, corpo specializzato nella repressione dei reati commessi tramite Internet: credo che saranno in molti, a breve, a dover rispondere delle proprie azioni.
Poco importa che il “linciaggio” sia avvenuto su una piazza virtuale: sono reati esattamente come lo sarebbero se le intimidazioni fossero avvenute verbalmente o di persona e che quindi vanno denunciati alle autorità competenti. Queste persone non possono e non devono pensare di restare impunite davanti a un simile oltraggio verso un rappresentante delle istituzioni democratiche.
Sono convinto che quest’odio esasperato e maniacale da parte di certi soggetti vada fermato perché istiga alla violenza e nulla ha a che vedere con il civile scambio di opinioni riguardo un tema, peraltro, molto delicato e complesso come quello dei bovini inselvatichiti a Carpineto di cui, probabilmente, molti di loro fino a ieri ne ignoravano l’esistenza.
Oltretutto queste offese, alcune dall’acre sapore razzista che continuano a proliferare da ogni parte d’Italia, non colpiscono soltanto il sottoscritto ma l’intera comunità di Carpineto Romano.
Mi auguro quantomeno che le associazioni animaliste, di cui tanti insultatori si fregiano di far parte, prendano immediatamente le distanze da questa ignobile gogna.
Noi, in ogni caso, non indietreggiamo di un millimetro e andiamo avanti: il 4 ottobre ci sarà anche la prima udienza del processo contro alcuni “noti” concittadini che, durante una cattura, minacciarono i pubblici ufficiali presenti. Ho voluto che il Comune si costituisse parte civile, senza esitazioni e senza timore di ritorsioni, perché era doveroso stare al fianco di quelle persone che quella mattina, con impegno e dedizione, stavano lavorando per il bene e la sicurezza della nostra comunità.
Non saranno quindi di certo un centinaio di leoni da tastiera a potermi intimorire”
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