Una lunga battaglia legale sostenuta da suppliche e appelli dalle Nazioni Unite, dall’Unione europea, dal miliardario britannico Richard Branson. E soprattutto, dal primo ministro malese Ismail Sabri Yaakob, oltre che da personalità e associazioni di tutto il mondo.
Una mobilitazione internazionale che tuttavia nulla ha potuto contro la decisione della condanna a morte nei confronti di un uomo malato di mente, emessa dal tribunale di Singapore. Le autorità avevano arrestato il 34enne Nagaenthran K. Dharmalimngam, di nazionalità malese, nel 2009 per il possesso di una piccola quantità di eroina. Ma nella Città-Stato di Singapore ci sono le leggi più severe al mondo contro la droga. Così, nel 2010, la sentenza era stata: la pena capitale.
La famiglia di Dharmalingam aveva fatto appello alla clemenza, invocando il ritardo mentale dell’uomo. Tuttavia dopo l’ultimo ricorso presentato dalla madre del 34enne e malgrado le perizie che hanno riscontrato un ritardo cognitivo e un QI di appena 69, la corte ha ribadito la sentenza.
I legali si erano opposti proprio perché in questo caso di ritardo mentale, la condanna a morte è proibita dal Diritto umanitario internazionale, ma la Corte aveva rigettato l’istanza. Il mese scorso, la Corte ha rigettato anche un appello presentato dalle autorità della Malesia contro la condanna a morte di Dharmalingam.
Singapore ha quindi dato seguito alla sentenza e l’uomo è stato giustiziato secondo quanto disposto.
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