Roma. Respinta la richiesta di revoca del 41bis. Alfredo Cospito rimane al carcere duro.
A rigettare l’istanza di revoca del carcere duro presentata da Flavio Rossi Albertini, difensore di Alfredo Cospito, è stato proprio il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Lo rende noto lo stesso ministero.
Cospito, reduce da 100 giorni di sciopero della fame, ha ricevuto la disposizione di carcere duro lo scorso 4 maggio. A determinarlo era stata la ministra Marta Cartabia, che ne aveva disposto una durata di 4 anni.
La richiesta, avanzata dal legale di Cospito, è stata considerata, sia dalle autorità giudiziarie, sia dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, sia dalla Procura generale e dalla Dda di Torino, infondata. Tali sarebbero proprio le motivazioni alla base della richiesta.
Della stessa opinione sarebbe anche il ministro Nordio. In una nota del ministero della Giustizia si apprende la decisione di Nordio, che “con un provvedimento articolato ha respinto la richiesta di revoca del regime speciale di detenzione di cui all’ articolo 41bis dell’ordinamento penitenziario, presentata dall’avvocato del detenuto Alfredo Cospito”.
Ad influire sulla decisione sarebbe stato anche il rischio, valutato dalle autorità giudiziarie, che Cospito possa ancora comunicare dal carcere con il mondo anarchico.
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Rimane ancora la necessità di monitorare lo stato di salute del detenuto, che continua a protrarre lo sciopero della fame. L’uomo avrebbe perso quasi 50 chili. A comunicare le sue condizioni è l’avvocato Rossi Albertini, dopo averlo incontrato nel carcere di Opera. Sabato Cospito verrà visitato da un medico nominato dal legale difensore.
Il primo commento alla decisione del mistero Nordio è giunta dal sottosegretario di Stato alla Giusizia, Andrea Ostellari. “Condivido e sostengo la decisione del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha rigettato la richiesta di revoca anticipata del regime detentivo previsto dall’art. 41 bis per Alfredo Cospito. Allo stato attuale, fino a diverse indicazioni da parte del personale medico e della magistratura, non sussistono ragioni che giustifichino diversi intendimenti. La pericolosità del soggetto è nota e certificata e lo Stato non cede ai ricatti o alle intimidazioni dei violenti”, queste le sue parole.
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