PIGLIO, Tesori da riscoprire a cura di Giorgio Alessandro Pacetti
La villa di NERVA e l’acquedotto romano.
Esiste oltre ad un paesaggio naturale, anche un paesaggio storico, nel quale i valori ambientali ed archeologici sono complementari.
Questo è il caso di Piglio in cui accanto alla suggestiva ed eccezionale bellezza dei luoghi, troviamo un concentrarsi di elementi artistici appartenenti ad età e culture differenti e tutte di notevole livello qualitativo.
Questo centro dell’alta Ciociaria condivide con altri luoghi l’effetto di un costante oblio da parte dei cultori di storia e di arte
Quanto vantava nel passato e può ancora mostrare al giorno d’oggi, rappresenta invece un patrimonio ricco e diversificato che abbraccia un arco di tempo che si estende dall’antichità romana al tardo barocco.
Giungendo a Piglio, prima di addentrarsi nel Borgo Medievale, al visitatore attento amante delle cose belle non sfuggono le cospicue testimonianze della civiltà romana disseminate nella campagna pigliese.
A riguardo la zona più interessante è quella che gravita attorno al Convento di san Giovanni che la tradizione, tutta da verificare, vuole fondato sulle rovine della Villa di Nerva.
Sempre nel comprensorio del convento di San Giovanni si trova un rudere identificato in un presunto tempio di Giano, basandosi sull’evoluzione semantica del termine JANUS – JOVANNIS – SAN GIOVANNI.
Poco distante dal suddetto Convento sono visibili i resti di quello che fu un cospicuo complesso monumentale sito nella zona denominata “Santo Eligio”, dove si possono ammirare stupendi esempi di opere murarie in “OPUS RETICULATUM” fra le più belle ed interessanti del Nord Ciociaria.
Nel cortile interno della Cantina Sociale “Cesanese del Piglio” spicca un cippo costituito dai resti di una colonna romana scanalata.
Analoghi esemplari si possono poi ammirare nel chiostro del Convento di San Giovanni e nella chiesa diSan Rocco-Madonna della Valle
Ampi territori sono ancora da esplorare, come per esempio la località denominata “LE FATTORA”, proseguendo così l’opera intrapresa dalla professoressa Matilde Mazzolani segnalati in una pubblicazione universitaria nella collana ANAGNIA -“FORMA ITALIAE” (1969) che aveva individuato delle giacenze archeologiche inesplorate degne di particolare attenzione da parte degli organi della Soprintendenza ai beni archeologici del Lazio.
Si possono aggiungere altri due tasselli nel mosaico archeologico di Piglio: l’acquedotto romano rinvenuto nel cimitero di Piglio.
Dopo circa venti anni (1988), a seguito dei lavori effettuati dalla civica amministrazione nel cimitero di Piglio, veniva scoperto un tratto di acquedotto romano in “opus reticulatum” che la dott.ssa Sandra Gatti della Soprintendenza Archeologica di Roma, sollecitata dal geom. Luciano Pacetti, qualificava come reperto archeologico di grande importanza.
A che cosa doveva servire questo acquedotto?
“Non era sicuramente uno sfizio che si era creato un pazzo del tempo a qualcosa doveva pur servire”.
Questo ritrovamento ci permette infatti di trovare una linea sommaria di un immenso patrimonio archeologico che giace sotto la nostra terra.
I resti del tempio di Giano e la zona sottostante denominata “Lago” erano collegate attraverso una rete idrica che doveva servire non solo il “tempio” ma qualcosa di molto più consistente.
Un “tempio” non è mai isolato, non è una cattedrale nel deserto e là dove esistevano luoghi di culto esistevano abitazioni, paesi e città.
L’acquedotto, interrato, è ancora ben visibile e consiste di un manufatto in muratura, alto centoottanta centimetri e largo 50 cm., intonacato nelle pareti interne con tanto di sfiato nella copertura.
Giorgio Alessandro Pacetti