Viva apprensione ha creato tra i viticoltori di Piglio la notizia sancita dall’assemblea dei soci nel mese di Luglio 2023 e apparsa su un quotidiano romano sulla necessità di liquidare la struttura e il marchio per sanare la situazione finanziaria della “Società Cooperativa Agricola di Piglio”.
Sono passati ormai 63 anni da quanto un gruppo di soci, che si contava sulla punta delle dita, quindi “strettamente legale” per la costituzione di una cooperativa, si riunirono dando vita alla “Società Cooperativa Agricola di Piglio”.
Grazie a questa Cooperativa si è passati da una agricoltura povera e dalla emigrazione, alla industrializzazione ed infine alla riscoperta ed alla rivalutazione di quello che potremo definire un “bene agricolo”.
il primo scoglio da superare si rivelò la stessa costituzione di una cooperativa, le cui idee di base e il cui concetto “economico” si scontravano con quelli degli agricoltori diffidenti verso qualsiasi forma associativa e totalmente incapaci, allora, di anteporre l’interesse individuale a quello collettivo.
Tutta la zona era un pullulare di vigneti e dove il comprensorio di Piglio, Anagni, Paliano, Serrone, Acuto, Sgurgola, aveva fino al 1960 un reddito esclusivamente agricolo e pastorale, si è avuto un totale capovolgimento dell’economia, con i relativi successi, fino all’assorbimento della “Società Cooperativa Agricola di Anagni” nel 1980.
Nel 1988 con la ristrutturazione e con l’ampliamento della cantina attraverso i nuovi impianti totalmente automatizzati in tutte le fasi della lavorazione, dalla pigiatura delle uve all’imbottigliamento del prodotto, è stato possibile immettere sul mercato migliaia e migliaia di bottiglie ad un prezzo inferiore di quello di quando tutto veniva fatto manualmente.
C’era però da registrare una situazione altamente negativa e quasi al limite dell’assurdo: mentre la sede della cooperativa si andava via via ristrutturando ed ampliando nelle proprie strutture il conferimento e la produzione delle uve era in netta diminuzione (dai 2000 ettari di terreno coltivati a vite nell’anno 1960 si è passati ai 200 ettari di oggi).
Non solo le opere murarie ma anche le attrezzature e le catene di vinificazione e di imbottigliamento sempre più all’avanguardia sono state realizzate in base al progetto del 1985 finanziato dall’ex Cassa del Mezzogiorno per un importo di circa 4 miliardi delle vecchie lire).
Ma c’è di più! Molti agricoltori non hanno beneficiato dei contributi Cee previsti dal regolamento n° 2052/88 “obiettivo 5/b”, nella misura del 50% delle spese di estirpazione e reimpianto secondo le moderne tecniche colturali.
La Cantina Sociale infatti aveva chiesto ed ottenuto dall’Agenzia ARSIAL (Ente di Sviluppo Agricolo del Lazio) la redazione e la presentazione alla Cee, tramite la Regione Lazio, di un progetto sovvenzionato.
La finalità di tale progetto era costituita principalmente dal rinnovamento (reimpianto) di vigneti in sostituzione di quelli esistenti.
Purtroppo troppi fattori hanno congiurato contro la coltivazione della vite, non ultimi l’età media avanzata degli attuali coltivatori diretti e il cambio di destinazione di alcuni terreni.
Nel 2019 sulle viscere della “Società Cooperativa Agricola di Piglio” nasce “Concreta” una cooperativa di tipo “b” per le vigne del Cesanese che vuole dare una mano concreta ai viticultori di tutto il comprensorio del Cesanese nelle zone di Piglio e di Olevano Romano, grazie all’impegno del dott. Stefano Matturro nuovo direttore Generale.
Oggi si cercano nuovi acquirenti disposti a collaborare per salvare la Cantina Sociale Cesanese del Piglio che, oltre ai debiti, conta anche un patrimonio immobiliare e un marchio.
C’è però un risvolto positivo: a dispetto del fatto che molti viticoltori pigliesi hanno abbandonato la loro terra “stincando” i vigneti.
Un consistente numero di viticoltori abbiano già acquistato e continuano ad acquistare i suddetti preziosi terreni non per insediamenti industriali ma sfruttandoli con lungimiranza nel ricostruire un patrimonio vinicolo che altrimenti sarebbe andato perso.
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